dimmi di qualsiasi cosa
in mezzo alla notte nel sogno
qualsiasi cosa che ci sia io ci sono
anche se dopo mi sveglierò
sarò più stanco di prima
non posso non posso
che seguire l’onda
l’onda
fino al ricordo
dei mille anni che sono passati
dove tutto sembrava come prima
ma non è sempre la stessa mattina
–
certe volte quando tutto è nero
certe volte invece
quando fuori di me c’è un sole splendente
ma dentro spesso è freddo
–
ritorno sopra facendo
sempre la stessa cosa noiosa
cercando dentro
qualcosa che mi aiuti
a venirne fuori evitando
i posti tenebrosi
–
dire il poco che basta dire
basta una parola
l’idea di un piccolo attorno
una sola solitudine
che crea un giro
–
qualcosa che accarezza
un viso allungato
dalle amarezze
che non lasciano
andare lontano il respiro
che mi guardano
da sopra la polvere dell’armadio
–
tutto quanto doveva accadere
è già accaduto
non resta che vedere da lontano
il filo di fumo
che magari è sparito
che solo adesso sto immaginando
che ancora nel cielo piano salga
anche se da molto tempo so che è fuggito
–
a presto a presto
resta da vedere
sempre meglio
che tutti i pezzi di ogni cosa
mettere insieme
di quello della strada che attraversa che incontro
–
magari un modo diverso
di mettere assieme
un senso un evento
troppo grande
per essere tenuto stretto in una sola mano
–
una promessa
un ritardo annunciato da sempre
segnato nel quadrante
degli arrivi e delle partenze
sopra la tavola di legno
colorato
che pezzo per pezzo
viene portato via dal vento
verso le montagne bianche d’inverno verdi di estate
–
l’autoritratto immobile
delle persone quasi morte
oppure vive ma perdute
per sempre per la strada
perse per ogni dove
–
di me che non so chi sia
di una ombra sottile
della solitaria compagnia
che ogni tanto guida e mi porta lontano
lontano dall’essere umano
–
attorno a tutto
parlare della vita che ci si copre
il viso con tutte le dita
nel pianeta disabitato
l’ultima volta che l’ho visto
anche se adesso l’ho dimenticato
–
di tutti i colori
amare vedere le incrostazioni le fughe nervose
la limpidezza delle forme
lasciate dagli abitanti nascosti nei tronchi
–
che
–
non mi perdono
di vista neanche per un momento
che sentono il mio odore
che sentono il rumore
di ogni mio passo
–
che non vedo l’erba che cresce
l’erba che muore
la poca acqua del lago che a piedi attraverso
–
la casetta della posta che apro
ma prima che guardo
dalla fessura
il niente del vuoto dentro
–
eppure ero eri al centro
al centro del giorno
sempre in compagnia di te stesso
stupito dalla neve di gennaio
sui tetti grandi
dove mai prima
era caduta
–
nevicare senza intenzione
dimenticata
da qualche dea sbadata
che aveva sempre altro da fare
–
tempo se ne va
tempo senza consuetudini
le inquietudini le si lascia
ci si lascia andare
al flusso delle onde
che arrivano poi se ne vanno
dal mare celeste spumante bianco
–
il gioco era solo un gioco
da imparare
per potere giocare
per mettere assieme
le cose disperse
e non è mai abbastanza
che viene l’intervallo della sirena
viene la pausa
che nasconde la fine
la fine di ogni cosa
che vede di ogni cosa
che sente attraverso
–
immagina presto
prima che ogni cosa scompaia
di come era di come sarà
senza pensare lasciala andare lasciala
–
tanto anche se stringi il pugno
con qualcosa dentro
dopo sarà tutto come sabbia
–
di ogni cosa che si muove
senza rumore senza silenzio
senza appartenenza
senza essere altro che se stessa
senza ignoranza senza arrivo senza partenza
–
senza il dolore
la spina si conficca nelle parole
quelle non dette
che sono sempre le migliori
che sono quasi perfette
per quel momento
per quella circostanza
che quasi si riempie il vuoto della stanza
–
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