Сталкер (Stalker) di Andrej Tarkovskij (1979)


Stalker (in russo: Сталкер) è un film di fantascienza del 1979 diretto da Andrej Tarkovskij, liberamente tratto dal romanzo Picnic sul ciglio della strada (1971) dei fratelli Arkadij e Boris Strugackij. Come già per Solaris, la pellicola rappresenta una personale interpretazione di Tarkovskij dello scritto originale.
Pur essendo la trama ascrivibile al genere fantascientifico, la sua struttura narrativa, cosí come le tematiche affrontate, appartengono al cinema d’autore. Il lento e profondo viaggio catartico compiuto all’interno della cosiddetta “Zona”, dove le tre diverse concezioni della vita dei protagonisti si scontrano e si mettono in discussione, trascende i dettami del film di genere.
La pellicola venne girata fra Dolgopa (Russia), Tallinn (Estonia) ed Isfara (Tagikistan) e fu presentata al Festival cinematografico di Mosca nell’agosto del 1979 ed al Festival di Cannes, in Francia, il 13 maggio 1980. Il film uscì nelle sale italiane nella primavera 1981: la locandina recava un improbabile logo simile al titolo di Star Wars[1].

« La debolezza è potenza, e la forza è niente. Quando l’uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido, così come l’albero: mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e secco, muore. Rigidità e forza sono compagne della morte, debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell’esistenza. »
(Lo Stalker)

Un intellettuale e uno scienziato, rispettivamente chiamati “Scrittore” e “Professore” per tutta la durata del film, si avventurano nella “Zona”, un territorio rurale desolato e in rovina dove le normali leggi fisiche sono state stravolte per cause ignote. Isolata da un cordone di sicurezza governativo, in cui tuttavia gli stessi militari non osano spingersi, si vocifera che essa contenga una stanza in cui si possono avverare i «desideri più intimi e segreti»: è questo il luogo che i due uomini vogliono raggiungere. Per affrontare il viaggio con qualche sicurezza, i due ingaggiano uno “Stalker”, una guida illegale esperta del territorio.

Dopo aver forzato un posto di blocco ed avere eluso una pattuglia, la scena muta da un mesto bianco e nero (per l’esattezza un “seppiato”) al colore. Lo Stalker condurrà il gruppo dapprima su un carrello ferroviario in un percorso lungo e monotono in campagna (la macchina da presa mostra lunghi momenti di soggettiva ortogonale all’asse vettore, a destra) e poi a piedi, nel cuore della Zona, nel continuo sforzo di riconoscere e superare insidie misteriose ed evitare le più pericolose. La guida intima ai due uomini di seguire fedelmente le sue istruzioni se vogliono sopravvivere, ma, a dispetto di quanto afferma e del dissesto ambientale, la Zona si mantiene sostanzialmente tranquilla (ci sono momenti di pioggia e qualcosa come un piccolo torrente), come in un momento di bonaccia, rispetto alle tremende evocazioni verbali dello Stalker. Mentre lo Scrittore ostenta scetticismo verso i timori dello Stalker, il Professore, al contrario, cerca di attenersi alle indicazioni. Questo dissidio contribuisce al mantenimento della suspense, nonostante il montaggio posato e il basso tasso di mutazioni nelle scene: i personaggi sembrano credere, chi più chi meno, all’incombenza di tremendi stravolgimenti dei manufatti o dello stesso spazio. Una carcassa di carro armato lascia intendere che una precedente intrusione militare sia stata sbaragliata.

I criteri di avanzamento dello Stalker restano sostanzialmente misteriosi e il percorso seguito è impossibile da mappare per lo spettatore, tuttavia eccone alcuni: si avvale del lancio di dadi collegati a strisce come per sondare la percorribilità di un luogo; l’avanzamento deve avvenire un uomo per volta, tuttavia in alcuni luoghi si può sostare e conversare insieme; non si può accedere direttamente all’edificio contenente la stanza – un tentativo in tal senso è fatto da uno dei viandanti ma qualcosa cambia nel vento ed egli torna dopo avere percorso circa metà dei trenta o cinquanta metri che lo separavano dalla stanza -bensì percorrendo una spirale.

Gran parte del film è centrato sulla descrizione e il confronto tra le personalità dei tre uomini, e sulle discussioni di stampo filosofico tra lo Scrittore e il Professore, sui motivi che li conducono alla ricerca della misteriosa stanza: lo Scrittore teme di perdere la sua ispirazione e vuole recuperarla, mentre il Professore desidera, a quanto sembra, vincere un premio Nobel.

Lo Stalker non l’ha mai visitata, ma non sembra allettato dal pensiero di realizzare i suoi desideri. Ciò che la guida conosce gli è stato confidato da un altro stalker suo mentore, soprannominato Porcospino, personaggio enigmatico, suicidatosi tempo prima e citato più volte dai personaggi. Lo Scrittore comprenderà il motivo del suo gesto. Il Porcospino decise di entrare nella stanza con lo scopo di esprimere il desiderio di resuscitare suo fratello, morto in precedenza nel cosiddetto “tritacarne”, il passaggio più difficile e letale della Zona, ma la stanza, che avvera i desideri più intimi e profondi, gli donò invece un’inaspettata ricchezza. Preso atto che nel profondo del suo animo tale brama era più forte persino del desiderio di riportare in vita il congiunto, il Porcospino si suicidò.

Una surreale conversazione telefonica all’interno di un edificio fatiscente, tra il Professore e un suo collega, rivela le vere intenzioni dell’uomo. Egli reca con sé una minuscola bomba atomica, trafugata dal laboratorio dove lavora, che mette a punto una volta giunti alla soglia della stanza, con l’intenzione di distruggerla, onde prevenire un eventuale uso indiscriminato e devastante dei suoi poteri. Tale rivelazione porta ad una discussione con gli altri due. Lo Stalker si dispera, supplica lo scienziato dicendo che la Zona è la sua unica risorsa e alla fine il Professore rinuncia al suo proposito, abbandonando l’ordigno smontato in un rivolo d’acqua. Dall’interno della stanza, la macchina da presa inquadra gli uomini seduti davanti all’ingresso con lo sguardo incerto rivolto verso la stessa, senza chiarire se vi entreranno o meno.

La scena successiva, di nuovo in bianco e nero, mostra il terzetto riunito al bar dove lo Stalker era stato ingaggiato. La guida si congeda e viene accompagnata a casa dalla moglie e dalla figlia, una bambina paralitica per effetto delle mutazioni indotte dalla Zona. Il film si conclude con una lunga scena ancora una volta a colori con la bambina sola, seduta ad un tavolo di cucina.

Dopo aver recitato una poesia, ella osserva in tralice alcuni bicchieri appoggiati sul tavolo che iniziano a spostarsi verso il bordo, apparentemente sospinti dal suo sguardo; si inizia a sentire il rumore di un treno in avvicinamento le cui vibrazioni scuotono i bicchieri con intensità viepiù crescente.

Ambientazione
La “Zona”:

Il film si apre con delle scene girate in b/n. La scena è ambientata in un locale in cui entra il proprietario accendendosi una sigaretta. Successivamente giunge quello che si scoprirà essere il Professore (Nikolaj Grinko) che viene subito servito dal proprietario. A questo punto scorre sullo schermo una scritta bianca su fondo nero: è il brano di una intervista rilasciata da uno scienziato di nome Wallace ad un giornalista della RAI[2]:

« Che cos’è stato? La caduta di un meteorite? La visita di abitanti dell’abisso cosmico? Sta di fatto che nel nostro piccolo paese è comparso uno straordinario prodigio: la Zona. Vi abbiamo mandato subito dei soldati. Non sono tornati. Allora abbiamo circondato la Zona con un cordone di polizia… E probabilmente abbiamo fatto bene. Del resto, non lo so, non lo so… »

Dopo aver superato avventurosamente il confine della Zona lo Stalker abbandona momentaneamente i due viaggiatori i quali discutono sul tema della Zona:

« Vent’anni fa all’incirca, sembra che proprio qui sia caduto un meteorite che rase al suolo il villaggio. L’hanno cercato, questo meteorite, ma naturalmente non trovarono nulla. Poi qui la gente cominciò a sparire. Venivano qui ma non tornavano più indietro (..) Allora, alla fine decisero che il cosiddetto ‘meteorite’ non lo fosse affatto e, per cominciare, disposero tutto intorno del filo spinato per impedire l’ingresso ai curiosi evitando loro prevedibili rischi. Così cominciò a correr voce che ci fosse un posto nella Zona dove si esaudivano i desideri e,naturalmente, decisero di proteggerla come le pupille degli occhi. Chissà quali desideri potevano venire in mente a qualcuno…. »
(il Professore)

Innanzi all’intento distruttivo dichiarato dal Professore, lo Stalker lo supplica piangendo di desistere:

« “La Zona è tutto quello che ho… la sola cosa che mi è rimasta” »

In un’intervista al regista Andreij Tarkovskij:

« Mi hanno sovente domandato cos’è la Zona, che cosa simboleggia, ed hanno avanzato le interpretazioni più impensabili. Io cado in uno stato di rabbia e di disperazione quando sento domande del genere. La Zona è la Zona, la Zona è la vita: attraversandola l’uomo o si spezza o resiste. Se l’uomo resisterà dipende dal suo sentimento della propria dignità, dalla sua capacità di distinguere il fondamentale dal passeggero »
(dal libro di Andrej Tarkovskij. Scolpire il tempo. Milano, UBULibri, 1988, pag. 178)

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