L’ interlocutore evanescente

io che sono l’io altro da me che lo cerco che mi cerco ed ancora con difficoltà, ma non mi trovo che manco che mi manco e che ho lo scopo di cercarmi e di ritrovarmi.

" Vola alta parola"

538-poe[1]Il poeta che tenta di far luce nella mia visione dall’interno, non è mai solo, neanche quando attinge consapevolmente alle risorse di pensiero, visione, memoria, proprie della solitudine; anzi è in questa condizione di volontario esilio e di estraneità che irrompe l’altro da me, il “Tu”, l’animo di un interlocutore evanescente immerso nella scrittura poetica che mi costringe ad uscire dalla soggettività espressiva e  a riconoscermi in qualcuno fuori dal mio mondo percettivo.

Con l’immaginario interlocutore, avverto più intensamente le differenze, spezzo l’abitudine all’identico, il mio egocentrismo, e mi sorprendo a scoprire significati “altri” della parola, quasi un senso di universalità di metafore, affermazioni paradossali, un’idea di ritorno ad una originarietà tradita nel corso del tempo.

In questo distaccato amore per il “Tu” e nel paradosso che rappresenta nella mia scrittura, nasce il visionario essere “cosa”, l’incontro non retorico con l’altro, con il “sé” abbandonato nel divenire adulto.

Così posso…

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