parte seconda
parte terza
parte quarta
Goethe
Lungo più di sette ore, diviso in quattro parti (“Dal frassino cosmico alla quercia di Goethe a Buchenwald”; “Un sogno tedesco… fino alla fine del mondo”; “La fine di una fiaba d’inverno e la vittoria finale del progresso”; “Noi figli dell’inferno ricordiamo l’epoca del Graal”), girato a colori in venti giorni nei Bavaria Ateliers con interpolazioni di materiale di repertorio in bianconero. Nulla da spartire con lo storicismo più o meno mistificatore di Hitler, eine Karriere di Fest e Herrendoerfer. Lo smisurato film del poliedrico prussiano Syberberg (1935) è un oratorio di taglio brechtiano dove Hitler si esibisce in una serie di performance metaforiche come Amleto, Charlot, Farinata degli Uberti, Mefistofele, facendovi figura di sagace showman, interprete e manipolatore della psiche germanica, incarnazione della banalità del Male e del Male della banalità. L’elaborazione del lutto e la rappresentazione della colpa sono i due temi centrali di un film che chiude una visionaria trilogia sulla Germania, formata da Ludwig. Requiem per un re vergine (1972) e Karl May (1974). Sabotato dalla distribuzione e stroncato dalla maggior parte dei critici tedeschi. Trasmesso in edizione originale con sottotitoli da RAI3 in “Fuori Orario” nella notte tra il 24 e il 25-4-1999.
Ed è quando io l’ho visto.