Da Sostiene Pereira è stato tratto un film omonimo diretto da Roberto Faenza e uno sceneggiato teatrale di Gianni Guardigli e Teresa Pedroni.
Nel 1994 il romanzo vince il premio Campiello.
Il romanzo è ambientato a Lisbona nel 1938, nel pieno del regime dittatoriale salazarista. Il dottor Pereira è un giornalista che ha abbandonato le rubriche di cronaca nera per curare la rubrica culturale di un quotidiano del pomeriggio della città, il Lisboa. Personaggio del tutto mediocre, è un uomo quieto, senza idee o posizioni politiche, dedito solo alla letteratura, quella francese in particolare, e al ricordo di sua moglie, morta da qualche anno di tubercolosi, al cui ritratto continua a parlare ogni giorno. Oltre a essere vedovo Pereira è anche cardiopatico, obeso e molto abitudinario: si reca tutti i giorni a fare colazione al Café Orquidea, ordinando sempre le stesse cose (omelette e limonata).
Un giorno Pereira, leggendo un articolo di una rivista, decide di contattarne l’autore per offrirgli un posto come collaboratore esterno della pagina culturale del giornale da lui curata. L’autore, un giovane di nome Francesco Monteiro Rossi, di origini italiane, accetta senza titubanze; Pereira lo prende così in prova, proponendogli di scrivere dei necrologi anticipati di personaggi celebri ancora in vita (chiamati “coccodrilli” nel gergo giornalistico), in modo che siano subito pronti in caso di morte improvvisa del soggetto. Il giovane, tuttavia, invece di scrivere necrologi degli autori indicati, ne scrive altri, come quello di Gabriele d’Annunzio, di cui attacca con ferocia l’adesione al fascismo, che vengono giudicati impubblicabili da Pereira, in quanto, a causa del contenuto fortemente politico e, in qualche modo, avverso al regime, sarebbero scomodi e facilmente censurabili, se non addirittura pericolosi.
Pereira, vedendo le difficoltà del giovane – influenzato anche dallo spirito rivoluzionario della fidanzata Marta – è combattuto tra il desiderio di aiutarlo e quello di non essere coinvolto in questioni politiche che potrebbero causargli dei problemi. Poco tempo dopo Pereira conosce il dottor Cardoso, medico direttore della clinica talassoterapica di Parede (dove il giornalista si reca per curare la cardiopatia) che gli confida il proposito di abbandonare il Portogallo per la Francia, paese ideale di libertà. Pereira parla con Cardoso del senso di inquietudine che prova da un po’ di tempo, e Cardoso gli espone una teoria, ipotizzata da psicologi francesi, sulla confederazione delle anime: ogni persona, secondo questa teoria, non ha una sola anima ma una confederazione di anime su cui ne domina una, un io egemone; talvolta può accadere che una nuova anima (un nuovo io egemone) prenda il sopravvento, determinando così una vera e propria metamorfosi; l’inquietudine di Pereira potrebbe essere quindi il preludio di un grande cambiamento.
Pian piano, Pereira inizia a prendere consapevolezza della realtà del regime in cui vive: le violenze, il clima di intimidazione, la pesante censura a cui è sottoposta la stampa. Tutte cose cui non aveva fino ad allora fatto caso, isolato com’era dalla vita reale, concentrato solo sul pensiero della moglie, sulla letteratura e sulla paura della morte. Monteiro Rossi, infatti, dopo aver cercato rifugio nella casa di Pereira (sentendosi ricercato per aver creato dei passaporti falsi), verrà interrogato e ucciso da due loschi individui che si dichiarano uomini della polizia politica, in casa dello stesso. Da questo delitto Pereira trarrà la forza per agire: con un trucco azzardato (chiede al dottor Cardoso di fingersi un comandante della censura che dà il suo consenso quando lui gli telefonerà dalla redazione) riesce a far pubblicare sul giornale quello che è insieme il necrologio di Monteiro Rossi e un articolo di denuncia verso il regime, costruito con sottile e sapiente ironia. Poi fugge dal Portogallo. Da intellettuale abitudinario e pigro, Pereira diventa, quindi, un impegnato oppositore della dittatura. Da antieroe, dunque, egli arriva a compiere un gesto di “eroismo” e di ribellione al regime, che diventa un importante momento di riscatto.
Il sintagma “Sostiene Pereira” inizia e conclude il romanzo, e viene inoltre ripetuto più volte nel corso della narrazione, come se l’autore avesse scritto con Pereira davanti a rilasciare la propria confessione o deposizione.
In una nota in fondo al libro, Tabucchi spiega che «in portoghese Pereira significa albero del pero, e come tutti i nomi degli alberi da frutto, è un cognome di origine ebraica, così come in Italia i cognomi di origine ebraica sono nomi di città. Con questo volle subito rendere omaggio a un popolo che ha lasciato una grande traccia nella civiltà portoghese e che ha subito le grandi ingiustizie della Storia.»