il diavolo di Andrzej Żuławski (1972)

Diabel inizia e finisce con le scosse spastiche e l’isteria.
Ci si sente come in una lunga scena, anche se è composta da frammenti.
Diabel è un urlo prolungato, una pazzia disinibita,per tutta la durata del tempo di esecuzione.
Inoltre si abita una realtà, un istante storico, in cui tutta la storia è sia condensata che cancellata.
Come se i personaggi siano stati in piedi al crocevia di ogni filo storico che ha portato a tale istante e anche ad ogni futuro storico
che potrebbe essere sia il seguito di quanto deciso nel psicotico presente, siala storia inghiotte e che poi culmina nei suoi significati nascosti.
Vederlo è come sommergersi in quella saggezza onirica che fonde e mescola tutto il nostro passato – ogni dettaglio, ogni evento cardine e aneddoto frivolo, ogni insulto offensivo e ogni gesto sottile – in un pastiche vivido che sperimentiamo durante il sonno, e che, nella combinazione impazzita di tutti quei pezzi incongrui della nostra personalità e la nostra memoria, è in grado di rivelare l’indicibile.

Andrzej Żuławski (Leopoli, 22 novembre 1940) è un regista polacco.
Żuławski iniziò la carriera come assistente di Andrzej Wajda. Quando il secondo film Diabel (1972) venne proibito in Polonia (dove fu visto solo 16 anni più tardi) si stabilì in Francia dove girò L’importante è amare (1975) con Romy Schneider.
Fece in seguito ritorno in Polonia e lavorò per due anni a un film Na srebnym globie (Il globo d’argento), basato su un libro scritto dallo zio Jerzy Żuławski, che le autorità polacche non gli fecero completare. Si stabilisce definitivamente in Francia dove ottiene il successo commerciale con due film, Possession (1981) e soprattutto Amour braque – Amore balordo (L’Amour braque, 1985) dove lancia la sua attrice musa, Sophie Marceau, in ruoli più corposi e maturi. La carriera prosegue con un altro film che ottiene buoni consensi, Le mie notti sono più belle dei vostri giorni e un controverso adattamento dell’Opera lirica di Modest Musorgskij Boris Godunov nel film Boris Godunov (1989).
In Italia le sue opere hanno trovato raramente una distribuzione, ma nel 2003 è stato omaggiato con una retrospettiva completa dal Festival Alpe Adria di Trieste.

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