Siamo in una piazza e camminiamo, attorno a noi ci sono molte persone, niente ci fa supporre che tutto non sia proprio come lo vediamo (se lo vediamo) , in realtà ogni persona in quella piazza ha attorno a se una visione, la propria. Tutto questo a noi sempre sfugge, sembra che l’unica visione sia la nostra e sia anche quella condivisa da tutti, quella oggettiva e per cui l’unica esistente, ma non è cosi. In una realtà più ampia ci sono infinite realtà indipendenti che si sfiorano e che talora possono entrare in contatto. Ma questo non ci è mai presente. Solo raramente ci è data la possibilità di fare esperienza diretta del mondo invisibile, che poi è il mondo di tutto quello che non conosciamo e che non è direttamente tangibile, vedibile, toccabile, udibile. Tuttora non saprei dire se è solo un mondo tutto umano o tutto extraumano, potrei azzardare che è un insieme dei due. La storia di questa propria esperienza è nel ricordo di tutto quello che è successo nei vari momenti, nelle letture e nei miei viaggi fatti a Lourdes e nella considerazione finale di questa bella narrazione di Jessica Hausner; qualunque cosa succeda nella nostra esperienza di incontro con il mondo invisibile questa rimane un mistero.Segnalo questi due libri che sono datati, ma che all’epoca ho letto con notevole partecipazione:Rene’ Laurentin Lourdes cronaca di un mistero Mondadori 1998 – Igor Sibaldi I miracoli di Gesu e la tecnica de miracoli nei vangeli canonici Mondadori 1989
– Il film “Lourdes” della regista austriaca Jessica Hausner ha ricevuto molti premi importanti; e fra gli altri, due premi contraddittori: il premio Signis, attribuito da un’organizzazione cattolica internazionale per il cinema; e il premio Brain, attribuito dall’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti. I giurati del premio Signis hanno ritenuto “Lourdes” un film fortemente allusivo a un “intervento divino”; mentre i giurati del premio Brian hanno apprezzato “l’approccio razionalista al tema del miracolo”. Il film racconta con minuzia un pellegrinaggio a Lourdes, organizzato per invalidi e malati gravi: dalla mensa in albergo, alla gita nelle grotte, alla messa nel santuario, fino alla festa d’addio: tutto organizzato con cura dalle suore e dalle ragazze volontarie che le affiancano.
Nel corso del viaggio, sembra verificarsi un miracolo: una ragazza tetraplegica, una notte, nella sua camera d’albergo, prima muove le braccia, poi si alza in piedi dal letto.
In un primo momento, si può pensare che la giovane stia soltanto sognando. E invece no, la guarigione, progressiva, si manifesta anche durante le ore diurne, ed è attestata, sia pure all’inizio con scetticismo, dai medici. Il film vuol dirci allora che la Madonna di Lourdes fa davvero i miracoli? Per rispondere, consideriamo, tanto per cominciare, come la Madonna appare nel film: perlopiù attraverso alcune statuette di plastica tutte uguali, vendute in ingenti quantitativi in un negozio di souvenir di Lourdes. Una di queste statuette viene posata sul comodino della camera d’albergo che la ragazza tetraplegica divide con la madre anziana. E sotto la luce fredda, al neon, della camera, su quel comodino scuro e spoglio, quella Madonnina di plastica, con gli occhi convenzionalmente rovesciati verso il cielo, rende quella camera ancora più fredda e più anonima. L’organizzazione del pellegrinaggio, dicevo, è inappuntabile. E le suore predicano con fervore ai malati di aspirare alla guarigione dello spirito, prima ancora che a quella del corpo. Ma quell’organizzazione tanto efficiente, ha qualcosa di impersonale e di meccanico. Quella predicazione tanto astratta sembra incapace di raggiungere e di confortare anche solo per un attimo il dolore intimo dei malati. E a un certo punto, prima del “miracolo”, la ragazza tetraplegica, per disperazione e per rifiuto contro tutto ciò che la circonda, nel bel mezzo della hall dell’albergo, cade in una specie di sonno catatonico, con un filo di saliva che le cola dalle labbra. Come mai allora, in un contesto simile, accade un miracolo? Il film tenta di spiegarlo?
Va detto che fanno parte degli accompagnatori dei malati, alcuni soldati dell’ordine dei Cavalieri di Malta. Le volontarie dell’organizzazione, con uno spirito sovversivo non si sa quanto consapevole, in certi momenti trascurano i pazienti per andare dietro a loro. E si dà il caso che uno dei militari rivolga in più occasioni alla ragazza tetraplegica alcune parole gentili, che almeno una volta suonano come un esplicito corteggiamento. La ragazza ne è manifestamente felice. Il miracolo allora non lo fa la Madonna, ma lo fa il soldato? Attenzione: “Lourdes” è un film allusivo, che attraverso un’esposizione accurata dei fatti – dei fatti esterni, ma anche di ciò che accade nell’interiorità dei personaggi, della protagonista in particolare – lascia libero lo spettatore di trarre le proprie personali conclusioni.
Certo però che tra un coro di religiosi che invocano una felicità tutta ultraterrena, e predicano un Amore con la a maiuscola che sembra incapace di unire davvero le persone – i malati appariranno invidiosi della guarigione di una ragazza che oltretutto non è per nulla una fervente cattolica – la possibilità di un amore concreto tra due persone, una prospettiva di felicità terrena per chi che sembrava dovesse esserne per sempre escluso, hanno un impatto dirompente; un impatto, forse, salvifico.
Nel corso del viaggio, sembra verificarsi un miracolo: una ragazza tetraplegica, una notte, nella sua camera d’albergo, prima muove le braccia, poi si alza in piedi dal letto.
In un primo momento, si può pensare che la giovane stia soltanto sognando. E invece no, la guarigione, progressiva, si manifesta anche durante le ore diurne, ed è attestata, sia pure all’inizio con scetticismo, dai medici. Il film vuol dirci allora che la Madonna di Lourdes fa davvero i miracoli? Per rispondere, consideriamo, tanto per cominciare, come la Madonna appare nel film: perlopiù attraverso alcune statuette di plastica tutte uguali, vendute in ingenti quantitativi in un negozio di souvenir di Lourdes. Una di queste statuette viene posata sul comodino della camera d’albergo che la ragazza tetraplegica divide con la madre anziana. E sotto la luce fredda, al neon, della camera, su quel comodino scuro e spoglio, quella Madonnina di plastica, con gli occhi convenzionalmente rovesciati verso il cielo, rende quella camera ancora più fredda e più anonima. L’organizzazione del pellegrinaggio, dicevo, è inappuntabile. E le suore predicano con fervore ai malati di aspirare alla guarigione dello spirito, prima ancora che a quella del corpo. Ma quell’organizzazione tanto efficiente, ha qualcosa di impersonale e di meccanico. Quella predicazione tanto astratta sembra incapace di raggiungere e di confortare anche solo per un attimo il dolore intimo dei malati. E a un certo punto, prima del “miracolo”, la ragazza tetraplegica, per disperazione e per rifiuto contro tutto ciò che la circonda, nel bel mezzo della hall dell’albergo, cade in una specie di sonno catatonico, con un filo di saliva che le cola dalle labbra. Come mai allora, in un contesto simile, accade un miracolo? Il film tenta di spiegarlo?
Va detto che fanno parte degli accompagnatori dei malati, alcuni soldati dell’ordine dei Cavalieri di Malta. Le volontarie dell’organizzazione, con uno spirito sovversivo non si sa quanto consapevole, in certi momenti trascurano i pazienti per andare dietro a loro. E si dà il caso che uno dei militari rivolga in più occasioni alla ragazza tetraplegica alcune parole gentili, che almeno una volta suonano come un esplicito corteggiamento. La ragazza ne è manifestamente felice. Il miracolo allora non lo fa la Madonna, ma lo fa il soldato? Attenzione: “Lourdes” è un film allusivo, che attraverso un’esposizione accurata dei fatti – dei fatti esterni, ma anche di ciò che accade nell’interiorità dei personaggi, della protagonista in particolare – lascia libero lo spettatore di trarre le proprie personali conclusioni.
Certo però che tra un coro di religiosi che invocano una felicità tutta ultraterrena, e predicano un Amore con la a maiuscola che sembra incapace di unire davvero le persone – i malati appariranno invidiosi della guarigione di una ragazza che oltretutto non è per nulla una fervente cattolica – la possibilità di un amore concreto tra due persone, una prospettiva di felicità terrena per chi che sembrava dovesse esserne per sempre escluso, hanno un impatto dirompente; un impatto, forse, salvifico.